EFFETTI A BREVE E A LUNGO TERMINEDELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO SULLA SALUTE UMANA
Paolo Crosignani, Andrea Tittarelli, Alessandro Borgini, Martina BertoldiUnità di Epidemiologia Ambientale e Registro Tumori Istituto Nazionale Tumori, Milano
Con la collaborazione della Società Italiana di Medicina Generale
Con il contributo di Associazione Italiana Filtri Particolato
INTRODUZIONE
Il fine ultimo di ogni ricerca scientifica è l’elaborazione di un modello concettuale in cui una serie di osservazioni possa trovare una spiegazione unificante. Più semplice e maggiore è il numero di osservazioni che spiega il modello e maggiore è la sua credibilità. Considerando gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico ci troviamo di fronte a dati dispersi e talora apparentemente contraddittori. Occorre quindi rivisitare ogni concetto che utilizziamo in modo tale da poterlo inserire in modo giustificato all’interno di un modello concettuale complessivo.
Innanzitutto il particolato. Anticipando alcune delle considerazioni che faremo più avanti, diremo subito che il particolato è uno degli inquinanti che sono legati ad effetti importanti sulla salute. Il particolato atmosferico (Fig. 1) è in realtà costituito da due componenti. La prima, di dimensioni più grosse, deriva dalla erosione del suolo e degli edifici.È costituita da materiale inerte e probabilmente non esercita effetti importanti sulla salute. La seconda, di dimensioni notevolmente inferiori, è invece costituita dalla condensazione nell’atmosfera, specie a basse temperature, di numerose sostanze che derivano nelle aree urbane principalmente dai processi di combustione. Dal punto di vista dei meccanismi potenziali di azione, questa componente del particolato è un buon candidato ad essere un determinante di effetti negativi sulla salute. Infatti è di dimensioni talmente piccole da poter penetrare sino alle parti più profonde dell’albero respiratorio.
Fig. 1 -Le componenti del particolato atmosferico
Non solo, ma la sua composizione è ricca di sostanze biologicamente attive. Contiene infatti sostanze cancerogene (idrocarburi policiclici aromatici), metalli pesanti, solfati e nitrati chepossono avere una azione irritante. È errato quindi il termine “polveri sottili” o “micropolveri”, perché questi termini ci evocano l’immagine della polvere inerte che osserviamo sulle superfici non pulite. Appropriato invece è il termine “particolato”; dobbiamo infatti tenere presente che questo particolato è in realtà in gran parte costituito da aerosol, quindi da sostanze liquide che si sono condensate, come una nebbia. Nebbia che nei centri urbani riusciamo anche a percepire quando non riusciamo a vedere nitidi gli oggetti a distanza (edifici, alberi). Il pensarlo come condensato di sostanze dannose è un primo passo per comprendere perché sia così pericoloso e anche perché in inverno, quando le temperature sono più basse, la presenza di questa sostanza aumenti in modo notevole. La fig. 2 mostra quali possono essere i meccanismi alla base della associazione che troviamo tra livelli di inquinamento dell’aria ed eventi respiratori e cardiovascolari.
Fig. 2 -Meccanismi di azione del particolato
Sino ad anni recenti in Italia il particolato è stato misurato come particolato totale (PTS: particolato totale sospeso). La diminuzione di questo è anche stata interpretata come un miglioramento della qualità dell’aria. Già dagli anni ’70 negli Stati Uniti però la misura del particolato totale è stata affiancata, e poi sostituita, dalla misura della componente di diametro inferiore a 10 micron, chiamata anche PM10. Si tratta di una misura sensata, tenendo presente che solo le frazioni più fini possono arrivare sino alle parti profonde dell’apparato respiratorio. Esperimenti condotti successivamente hanno mostrato che solo particelle ancora più fini, di diametro inferiore a 2.5 micron, possono in realtà arrivare nella parti più importanti del polmone e si è cominciato anche a misurare questa componente del particolato (fig. 3 -4).
Fig. 3 -Classificazione delle diverse frazioni del particolato
Fig. 4 -Frazioni del particolato e loro distribuzione nell’albero respiratorio
È importante ricordare che la misura del PM10 è comunque di interesse per la stima degli effetti sulla salute del particolato. Molti studi epidemiologici sono infatti stati condotti utilizzando questa misura e le direttive della Comunità Europea1 sulla qualità dell’aria si basano proprio sul PM10. È stato inoltre stimato che il PM2.5 costituisce tra il 60 e l’80% del PM10 in ambiente urbano. È il traffico veicolare la principale sorgente del PM10 (fig. 5). Nella provincia di Milano è stato stimato da ARPA Lombardia mediante l’inventario delle emissioni, che il traffico veicolare contribuisce, nell’arco di un anno, al 70% della concentrazione atmosferica di questo inquinante.
Fig. 5 -Sorgenti del particolato PM10
EFFETTI A BREVE TERMINE
È intorno agli anni ’70 che vengono condotti i primi studi sul legame tra eventi acuti e inquinamento atmosferico. In particolare vengono considerate la mortalità totale per cause “naturali” (escludendo quindi la mortalità per cause violente), la mortalità per cause respiratorie, la mortalità per cause cardiache e i ricoveri ospedalieri sia per cause respiratorie sia per cause cardiache (Fig. 6). Concettualmente si tratta di una operazione molto semplice: misurati giornalmente i livelli degli inquinanti, tra cui il PM10, si va a stimare se nei giorni in cui l’inquinamento è aumentato, sia aumentato anche il numero degli eventi sfavorevoli di salute2,3,4,5,6. Le tecniche statistiche impiegate sono però piuttosto complesse e cercano di tenere conto anche di altri fattori quali la temperatura, l’umidità, il giorno della settimana, le epidemie influenzali.
Effetti a breve termine
Serie Temporali: Misure dirette, relazione con PM 10 ed altri inquinanti
(approccio “ at least ”)
mortalità per tutte le cause naturaliØ
mortalità per cause respiratorieØ
mortalità per cause cardiacheØ
ricoveri per malattie respiratorieØ
ricoveri per malattie cardiacheØ
Fig. 6 -Eventi di salute considerati negli studi a breve termine
Si tratta di un approccio “at least”, nel senso che nel misurare l’effetto di ciascun inquinante (PM10, NOx, CO) non si tiene conto della azione degli altri inquinanti. È quindi probabile che se vi fosse un abbattimento delle sorgenti di tali inquinanti (ad es. del traffico), cosa che comporterebbe una diminuzione di molti inquinanti insieme, gli effetti del miglioramento di salute sarebbero probabilmente superiori a quelli stimati come associati ad un solo inquinante. I dati ricavati da numerose osservazioni fatte in varie città sia americane sia europee sono estremamente concordi. Ad ogni aumento degli inquinanti è associato un aumento di eventi negativi per la salute di tipo respiratorio e cardiaco. Anche in Italia sono stati condotti due studi7,8 (MISA e MISA-2) che hanno fornito dati confrontabili con le osservazioni condotte negli altri paesi. La Organizzazione Mondiale della Sanità 9 (OMS) ha effettuato una accurata revisione dei risultati di questi studi ed ha individuato per i principali eventi sanitari i valori del rischio associato ad un incremento di 10 µg/m³. I valori, riportati in Tabella 7, hanno il significato di aumenti percentuali: ad esempio per la mortalità acuta il valore di 1.006 ha il significato di un aumento del 6 per mille (ovvero dello 0.6%) per un aumento di 10 µg/m³ di PM10. La stessa OMS ha anche valutato gli effetti dovuti all’ozono. Per brevità di questo testo e per la chiarezza del lavoro dell’OMS consigliamo il lettore di riferirsi alla pubblicazione citata.
Evento sanitario | Valore del rischio |
Mortalità totale, esclusi gli incidenti | 1.006 |
Mortalità per cause cardiovascolari | 1.009 |
Mortalità per cause respiratorie | 1.013 |
Ospedalizzazione per cause cardiache | 1.003 |
Ospedalizzazione per cause respiratorie | 1.006 |
Fig. 7 -Valori OMS per l’associazione tra 10 µg/m³ di incremento del PM10 e vari eventisanitari valutata negli studi a breve termine
Utilizzando questi dati è possibile stimare il numero di decessi “prematuri”, e tra poco qualificheremo meglio questo termine, indotti dall’inquinamento. Per fare questa operazione dovremo scegliere uno scenario di riferimento. In altre parole, il guadagno in termini di salute lo si valuta rispetto ad un valore arbitrario e ragionevole dell’inquinante. Ad esempio per il PM10 si può stimare quale sarebbe il numero di decessi evitati se, invece del valore attuale, la sua media annuale fosse di 30 µg/m³. Abbiamo così introdotto un altro importante concetto. Per la valutazione degli effetti sanitari, anche quelli a breve termine che sono quelli di cui ci stiamo ora occupando, non è tanto importante il numero dei superamenti di un valore prefissato, detto anche soglia, ma piuttosto la media annuale dell’inquinante. Il calcolo del numero dei decessi “in eccesso” è semplicemente calcolabile come descritto in fig. 8.
Fig. 8 -Metodo per il calcolo del numero di eventi a breve termine
Se ad es. il rischio è dello 0.6% per ogni 10 µg/m³ di PM10, qualora Milano passasse da 60 µg/m³ a 10 µg/m³ si avrebbe una diminuzione della mortalità di 0.6 (valore del rischio) x (60-10) (differenza dell’inquinante rispetto al target) / 10 (il rischio si riferisce ad incrementi di 10 µg/m³ di PM10) = 3% della mortalità totale.
Abbiamo quindi inserito un altro elemento nel nostro modello: abbiamo rimpiazzato un concetto che normalmente è dominante sui “media”, rappresentato da soglie e dal numero dei superamenti delle medesime, con il concetto di media annuale10,11. Quale allora può essere il ruolo dei valori soglia? Da un punto di vista biologico nessuno, anche perché ciascun individuo ha una propria soglia determinata dal suo stato generale di salute, e una soglia che tutela una persona può essere invece insufficiente per la tutela di un’altra. Il concetto di soglia è invece utilissimo per indurre interventi quando la situazione sia critica. Sarebbe infatti inutile affermare che la media annuale debba essere di 40 µg/m³, senza agire nei momenti in cui vi è il maggior contributo al carico complessivo dell’inquinante. E accorgersi magari alla fine di un anno che la media è stata ben superiore a 40 µg/m³. Il numero di superamenti di una soglia è ben collegato con il concetto di media annuale. Tanto è vero che la direttiva sulla qualità dell’aria della CE, al fine di ottenere una media annuale di PM10 del valore di 40 µg/m³ nel 2005 e di 20 µg/m³ nel 2010, imponeva (al momento della stesura di questo documento l’argomento è in fase di revisione) che il numero dei superamenti della cosiddetta “soglia di attenzione”, posta a 50 µg/m³, fosse di anno in anno inferiore, passando dai 35 superamenti “concessi” per il 2005 a 7 “concessi” per il 2010. A riprova che il concetto di soglia non ha alcun senso biologico, la fig. 9 mostra la relazione tra la concentrazione di PM10 e l’entità degli effetti a breve termine sulla mortalità generale12. Si può notare come la relazione sia quasi lineare, e che vi siano effetti anche a concentrazioni molto basse, sui 10-20 µg/m³ come confermato dalle linee guide OMS, da poco pubblicate 13 .
Fig. 9 -Relazione tra mortalità a breve termine e livelli di PM10
Ma vi è un’altra, importante componente del modello che stiamo costruendo: gli effetti sulla salute a breve termine non riguardano solo la parte più vulnerabile della popolazione. La nostra esperienza quotidiana, anche nelle giornate di peggiore inquinamento, è che al massimo siamo affetti da qualche lieve disturbo. D’altra parte gli studi sugli effetti a breve termine, come MISA-2 indicano chiaramente un aumento della mortalità negli stessi giorni. Siamo quindi portati a pensare che gli effetti a breve termine dell’inquinamento riguardino solo persone dallo stato di salute molto compromesso e non siano altro se non l’anticipazione di eventi (morte, ricoveri) che sarebbero comunque avvenuti a breve. Se questo potrebbe esserci suggerito dalla nostra esperienza quotidiana, esso costituisce solo una parte del fenomeno che stiamo considerando. Se così fosse, infatti, anche se l’inquinamento rimane elevato, una volta esaurito l’insieme degli individui suscettibili (cioè in cattive condizioni di salute) la mortalità dovrebbe calare, secondo lo schema di fig. 10.
Invece, gli studi14 che hanno valutato la possibilità di questo fenomeno, chiamato “harvesting”, cioè mietitura, termine che indica che l’effetto consiste nella anticipazione di eventi che sarebbero comunque avvenuti nel breve periodo, hanno trovato che non esiste alcun deficit di mortalità dopo l’aumento dovuto all’inquinamento. In fig. 11 è mostrata l’analisi per distanza dall’evento dell’andamento del rischio di morte. Si vede come questo non diminuisca, ma anzi aumenti con il passare del tempo se i livelli dell’inquinamento rimangono elevati.
La figura mostra inoltre come l’effetto sia praticamente nullo tra le persone ricoverate (“Deaths in Hospital”) mentre sia molto evidente tra la popolazione generale (“Deaths Out of Hospital”). Questo indica che l’effetto si verifica su quella parte della popolazione già compromessa come stato di salute ma non in condizioni già così gravi da essere stata ricoverata. Il concetto più importante, però, è che la mancanza di un deficit di mortalità (“harvesting”) dopo l’aumento è spiegabile solo se pensiamo che il “pool” dei suscettibili non si esaurisca mai. Così facendo abbiamo aggiunto un ulteriore importante elemento al modello: se l’inquinamento da un lato fa precipitare le situazioni di salute più compromesse, dall’altro peggiora la salute di chi era in condizioni leggermente meno critiche, alimentando l’insieme di nuovi soggetti che andranno a morire (o a ricoverarsi in ospedale) nei giorni successivi. È a questo punto ragionevole supporre che l’inquinamento non agisca solo sui soggetti fortemente compromessi, la cui mortalità aumenta in relazione all’inquinamento, e su quelli che stanno solo un pochino meglio, che peggiorano le proprie condizioni e diventano i futuri candidati all’evento, ma su tutti i soggetti facenti parte della popolazione esposta. Questo concetto è rappresentato nello schema della fig. 12. Ogni popolazione è costituita da una cospicua parte di soggetti in buona salute, rappresentati dalle facce sorridenti in basso, e da un limitato numero di soggetti dalle condizioni di salute estremamente compromesse, rappresentati dalle facce tristi in alto. L’inquinamento dell’aria, se da un lato fa precipitare le condizioni di salute dell’insieme dei suscettibili, portandoli a morte, nel contempo rifornisce questo insieme di nuove persone che contribuiranno alla mortalità (o ai ricoveri) nei giorni successivi se l’inquinamento permarrà elevato.
Le conseguenze di questo modello sono due: i decessi che si misurano o si stimano come effetto dell’inquinamento atmosferico a breve termine non sono una semplice anticipazione di eventi che sarebbero comunque accaduti ma rappresentano un effetto netto di una mortalità che sarebbe stata evitata se i livelli di inquinamento fossero stati inferiori. Questo effetto è misurato avendo come riferimento uno scenario rispetto a cui si fanno i calcoli, come abbiamo già riportato nella fig. 8. La seconda conseguenza del modello, che vede l’inquinamento agire su tutta la popolazione e non su di una parte limitata di essa, è che, se l’inquinamento agisce sullo stato di salute di tutta la popolazione, gli effetti a lungo termine dovranno essere molto superiori rispetto a quelli a breve termine. Se ciò fosse vero, rappresenterebbe anche una conferma del modello.
EFFETTI A LUNGO TERMINE
Per studiare gli effetti a lungo termine dell’inquinamento atmosferico è necessario effettuare studi di coorte. Questi consistono nell’individuare gruppi di grandi dimensioni di persone residenti in diverse città, di registrare per ciascuna di esse alcuni fattori di rischio, come il fumo e le esposizioni lavorative, e di seguire poi nel tempo queste persone misurandone la mortalità. Solo in questo modo si riescono ad ottenere stime degli effetti a lungo termine dell’inquinamento tenendo conto anche degli altri fattori. La fig. 13 riporta le caratteristiche dei principali studi 15,16 di questo tipo condotti sino ad ora.
Studio | Pubblicazione | Inizio | Fine | N° partecipanti |
Dockery DW, et al. 6 città U.S.A. | An association between air pollution and mortality in six US cities. | 1974 | 1991 | 8.111 |
Pope CA 3rd, et al. 50 Stati U.S.A. | Lung Cancer, Cardiopulmonary Mortality, and Long-term Exposure to fine Particulate Air Pollution. | 1982 | 1998 | 1.200.000 |
Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori,Milano
Fig. 13 -I principali studi prospettici nei quali è stato valutato il ruolo dell’inquinamentoatmosferico.
Questi due studi hanno fornito stime degli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico molto coerenti tra loro. Si notino altresì le grandi dimensioni e la lunghezza di osservazione. Se oggi si iniziassero studi di questo tipo in Italia, questi non potrebbero fornire risposte prima di 15anni. È alle stime degli studi americani che allora bisogna fare riferimento per una valutazione corretta degli effetti a lungo termine dell’inquinamento che possono essere usati anche in contesto europeo senza il rischio di ottenere dei risultati distorti. La fig. 14 mostra i risultati del più grande degli studi citati17 .
I numeri indicati nella tabella rappresentano il rischio relativo per un aumento di 10 µg/m³ di PM2.5. Le prime due colonne riportano i risultati di due periodi di osservazione, mentre l’ultima riporta la media del valore per l’intero periodo. Il rischio relativo rappresenta in prima approssimazione l’aumento della probabilità dell’evento. Un rischio di 1.06 -aumento della mortalità per tutte le cause (All-cause) -significa che per ogni 10 µg/m³ di PM2.5 la mortalità generale è aumentata del 6%. Che sia di circa 10 volte superiore al valore per gli effetti a breve termine, pari allo 0.3-0.6% non deve sorprendere in quanto si tratta di un effetto di una esposizione che è durata 15-20 anni. Il nostro modello11 che prevedeva effetti a lungo termine maggiori rispetto a quelli a breve termine trova così una conferma. Il valore di 1.06 è stato anche scelto dall’OMS 9come valore di riferimento per la valutazione degli effetti a lungo termine sulla mortalità generale, considerando questa volta il PM2.5. Utilizzando questi valori è possibile valutare l’eccesso di mortalità a lungo termine, cioè il numero di decessi che sarebbero stati evitati se l’esposizione fosse stata quella dello scenario di riferimento, ad esempio se il valore di media annuale del PM10 a Milano, invece che intorno ai 60 µg/m³ fosse stato di 30 µg/m³. Per la mortalità generale avremo che: Da 60, media annuale di Milano rispetto a 30 µg/m³ vi è una differenza di 30 µg/m³ di PM10. Tenendo conto che il PM2.5 è l’80% del PM10 avremo che questa differenza in termini di PM2.5 è di 24. Il rischio relativo (RR) diventa 1+ 0.06 (incremento di rischio per 10 µg/m³) x 24 /10 pari a 1.14; ciò significa che a lungo termine ci si attende una mortalità generale del 14% superiore tra gli esposti a 60 µg/m³ rispetto ad una popolazione esposta a 30 µg/m³. La quota attribuibile della mortalità è ricavabile dalla formula: (RR-1)/RR In questo caso 0.14/1.14= 0.12 cioè il 12% delle morti che si verificano ogni anno negli adulti oltre i 30 anni a Milano, pari a 13122 x 0.12 = 1575 decessi. Lo stesso calcolo lo si può fare per i tumori del polmone. Si ha un RR di: 1+ 0.08 (valore di rischio scelto da OMS) x (60-30)/10 (differenza dell’inquinante rispetto al target) x 0.8 (parte del PM10 rappresentata dal PM2.5) = 1.19
La frazione di casi prevenibile sarà (1.19-1)/1.19 = 0.16, cioè del 16%, pari a 160 morti in meno per tumore del polmone (dato 2004 ASL Milano città). È importante qui sottolineare come queste stime indichino il danno di salute annuale per una esposizione prolungata (15-20 anni) a livelli elevati di particolato. Con metodi analoghi è stimabile una perdita di vita, a lungo termine, di circa 6 mesi per ogni 10 µg/m³ di esposizione. Ciò significa che se Milano passasse dagli attuali 60 µg/m³ a 30 µg/m³ di PM10, ciascun milanese guadagnerebbe, sul lungo termine, circa un anno e mezzo di vita.
Riepilogo dei principali effetti dell’inquinamento a Milano
Fig. 15 -Stima degli effetti dell’inquinamento atmosferico a Milano. Valori annuali di eventi in eccesso rispetto a uno scenario di media annuale di PM10 pari a 30 µg/m³. In arancio gli effetti a lungo termine, in giallo quelli a breve. | |
Rispetto a 30 ug/m3 | |
Mortalità per cause naturali per una permanenza di 10-20 anni | 1575 |
Tumori del polmone | 160 |
Mortalità per cause naturali effetti immediati | 193 |
Ricoveri / anno per cause respiratorie | 440 |
Ricoveri / anno per cause cardiache | 710 |
Nuovi casi / anno di bronchite cronica | 155 |
Episodi di bronchite acuta nei bambini | 6100 |
Attacchi di asma nei bambini | 5537 |
Attacchi di asma negli adulti | 2785 |
Giorni di attività lavorativa persi | 675957 |
La fig. 15 riassume gli effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico stimati per anno nei residenti in Milano rispetto a uno scenario di media annuale di PM10 pari a 30 µg/m³ invece degli attuali 60, utilizzando le formule descritte nel testo. L’obiettivo di media annuale di PM10, pari a 30 µg/m³, è intermedio tra il valore indicato dalla CE per il 2005 -che è di 40 µg/m³ -e quello che la CE indica per il 2010, che è di 20 µg/m³ come media annuale. Non si tratta di obiettivi irraggiungibili. La Fig. 16 mostra la distribuzione per tre paesi europei della esposizione a PM10 tratta da un lavoro di Kunzli18, che ha stimato, con metodi analoghi a quelli descritti, gli effetti del particolatosulla salute. È evidente come in Svizzera e Austria la percentuale di esposti sia minima; eppure anche in questi paesi la configurazione orografica non è particolarmente felice.
Distribuzione della popolazione esposta al PM 10
(Kunzli, et al, Lancet 2000)
Fig. 16 -Distribuzione della esposizione a PM10 in tre paesi europei | |||
Classe di concentrazione del PM 10 (µg / m3) | Distribuzione della popolazione esposta al PM 10 totale | ||
Austria | Francia | Svizzera | |
0-5 | 0 | 0.2% | 0 |
>5-10 | 0 | 0.5% | 1.2% |
>10-15 | 11.4% | 5.2% | 5.7% |
>15-20 | 14.2% | 31.5% | 31.8% |
>20-25 | 22.8% | 33.3% | 42.5% |
>25-30 | 27.7% | 12.8% | 14.6% |
>30-35 | 8.5% | 7.8% | 3.0% |
>35-40 | 4.7% | 4.1% | 0.9% |
>40 | 10.7% | 4.6% | 0.3% |
Media | 26.0 | 23.5 | 21.4 |
LO STUDIO OMS SU 13 CITTÀ ITALIANE
Nel 2005 l’OMS ha valutato l’impatto dell’inquinamento atmosferico complessivamente per 13 grandi città italiane 9. I metodi per la stima della mortalità a breve, a lungo termine e per i ricoveri ospedalieri sono quelli descritti nel testo. Lo studio OMS ha inoltre valutato sia altri effetti del particolato sia gli effetti dell’ozono. Il livello rispetto al quale è stata fatta la valutazione è di 20 µg/m³ , forse un po’ utopistico per molte delle città considerate ma in linea con le recenti linee guida OMS 13. Consiglio il lettore curioso di procurarsi ambedue i documenti OMS 9,13, dove troverà molti spunti interessanti ed approfondimenti di quanto abbiamo sin qui trattato. Per stimolare la sua curiosità riportiamo qui di seguito due tabelle dell’OMS, la prima (Fig. 17) relativa alla mortalità, la seconda (Fig. 18) ad altri eventi sanitari. Le tabelle sono in lingua inglese, essenziale (purtroppo) per chi voglia proseguire oltre i limiti, che sono tanti, di questo documento divulgativo. Per chi volesse effettuare in autonomia valutazioni di impatto sanitario, l’OMS mette anche a disposizione un software che effettua stime di effetto inserendo i valori dell’inquinamento, i parametri di rischio e alcune informazioni sanitarie. Questo programma è reperibile sul sito
http://www.euro.who.int/air/activities/20050223_5 .
Males | Females | Total | ||||||
Causes of death | No. | 95% CrI | No. | 95% CrI | No. | 95% CrI | % attr cases | 95% CrI |
Chronic effectsa
All causes of mortality (excluding accidents) 3909 2996–4827 4311 3315–5310 8220 6308–10140 9.0 6.9–11.1 Lung cancer 551 392–711 191 137–245 742 530–956 11.6 8.3–14.9 Infarction 1293 1220–1367 1269 1198–1341 2562 2418–2707 19.8 18.7–21 Stroke 126 79–174 203 132–275 329 207–452 3.3 2.1–4.6
Acute effectsb
All causes of mortality (excluding accidents) 654 574–735 718 631–806 1372 1204–1540 1.5 1.3–1.7 Cardiovascular causes 362 303–421 481 404–558 843 706–980 2.1 1.8–2.5 Respiratory causes 99 77–121 86 67–106 186 145–227 3.1 2.4–3.8
a:
adulti sopra i 30 anni, stime basate su PM2.5 ; b: tutte le età
a:
giorni di uso di broncodilatatori; b: 6-7 anni; c: 13-14 anni; d: giorni con sintomi; e: PM2.5
Fig. 17: Mortalità attribuibile al PM10 rispetto a 20 µg/m³ | ||||||||||||||||||
Causes of morbidity | Exposed population | Number of cases | Prevalence rate (%) | No. Attributable cases | 95% CrI | % 95% CrI Attributable proportion | ||||||||||||
All ages | ||||||||||||||||||
Cardiac-related hospital admissions | 8 950 587 | 113 772 | 1.3 | 809 | 472–1 143 | 0.7 | 0.4–1.0 | |||||||||||
Respiratory-related hospital admissions | 8 950 587 | 69 630 | 0.8 | 990 | 728–1 252 | 1.4 | 1.0–1.8 | |||||||||||
Children up to 15 years of age | ||||||||||||||||||
Acute bronchitis | 1 139 660 | 120 804 | 10.6 | 38 342 | 33 440–43 230 | 31.7 | 27.7–35–8 | |||||||||||
Asthma, 6–7 and 13–14 years of agea | 26 567 | 2 833 | 10.9b 10.3c | 1 259 | 837–1 685 | – | – | |||||||||||
LRS, 5–14 years of aged | 762 522 | 117 639 | 15.0 | 512 680 | 414 400–611 100 | – | – | |||||||||||
Adults ≥15 years of age | ||||||||||||||||||
Chronic bronchitis, ≥27years of age | 6 638 581 | 250 938 | 0.4 | 4 321 | 2 676–5 967 | 1.7 | 1.1–2.4 | |||||||||||
Asthmaa | 7 810 927 | 351 492 | 4.5 | 814 756 | 504 500–1 126 000 | – | – | |||||||||||
RADs 15–64 years og agee | 5 968 996 | 317 578 | 5.2 | 495 067 | 471 900–495 000 | – | – | |||||||||||
WLDs, 15–64 years og agee | 5 968 996 | – | – | 1 961 060 | 1 845 000–2 078 000 | – | – | |||||||||||
MRADs, 18–64 years of agee | 5 734 129 | – | – | 5 863 881 | 5 439 000–6 289 000 | – | – | |||||||||||
LRSd | 7 810 927 | 2 394 599 | 30.0 | 7 742 560 | 5 134 000–10 360 000 | – | – | |||||||||||
Fig. 18: Casi di morbilità attribuibili a livelli di PM10 sopra i 20 µg/m³
18
CONCLUSIONI
In questo lavoro abbiamo costruito un modello coerente in cui trovano collocazione tutte leinformazioni che provengono dalla letteratura scientifica. Le stime di fig. 15 possono ancheessere lette come i guadagni di salute ottenibili a breve e a lungo termine.Le indicazioni che possiamo trarre dal modello che abbiamo costruito sono:
- Gli effetti a breve termine non sono una semplice anticipazione di eventi che sarebbero comunque accaduti, ma rappresentano un danno netto sulla salute
- Gli effetti a lungo termine sono di gran lunga superiori a quelli a breve
- L’inquinamento agisce peggiorando la salute di tutta la popolazione.
- È la media annuale e non il numero di superamenti il parametro di interesse per la salute.
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